“Natura come cura”

“Vivo si sciocchezze, come un fanciullo
Il male che sento mi si addice
Eppure i miei pensieri, come germogli nel bosco,
Crescono e danno fiori, là dove possono.”
(John Clare, “l’involo”)

Non fu un caso, credo che, un giorno che mi trovavo a passare di fianco alla mia libreria, urtai contro di essa facendo cadere un libro che non prendevo in mano da tempo.
L’ispirazione e l’entusiasmo erano un pò sottotono, diciamo così, e iniziando a consultare il libro mi ritrovai in tutte le frasi che leggevo, sfogliando qua e là. Si trattava de: ” Natura come cura” di Richard Mabey.

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L’autore, caduto in profonda depressione, decide di traferirsi in una fattoria isolata e, grazie all’aiuto del nuovo paesaggio che lo circonda, rinasce alla vita. Si accorge che, descrivendo la natura mutevole dei boschi che lo circondano, si sta riappropriando del proprio sè.
Sempre più veloci, sempre più in fretta, occupati solo a consumare, abiti, cibi, emozioni, stiamo perdendo di vista il piacere delle piccole cose, come quello di una passeggiata in campagna, senza orologio, senza un mèta precisa, solo con la consapevolezza dell’essere lì in quel momento e meravigliarci di come tutto ci viene incontro come un dono.
Una radura nel bosco, con gli alberi che si slanciano verso il cielo come chiese gotiche, come se stessero comunicando con l’aria, una conversazione tra cielo e terra.
Ogni stagione ha un’energia diversa: in autunno i colori mutano velocemente e ti stordiscono con la loro bellezza.
A passeggio lungo una suggestiva stradina che non so bene dove mi porterà, trovo l’affascinante Alchechengi, pianta dai baccelli arancio e dalla forma di piccole lanterne. La parte commestibile si trova nelle bacche che possono essere consumate candite o ricoperte di cioccolato fondente. Sono molto ricche di vitamina C e il loro sapore ricorda il lampone.
Tutto intorno a me un tappeto di foglie secche di Quercia..i lati della stradina sono circondati da questi mastosi alberi che sembrano confortarti con il loro calore potente. Se tocchi il loro tronco, ti comunicano la loro forza, la loro imponenza e ti infondono una pace incredibile.
Quasi a bilanciare questa forza, ecco che sul lato opposto appaiono le delicate betulle i cui rami, ondeggiano con grazia al vento. La Betulla comunica una femminilità intensa, struggente. Sfioro il suo tronco quasi con timore, la sua fragilità e la sua bellezza sono palpabili.
Questi incontri magici, abbbelliti dal via vai di pettirossi, gazze ladre, cinciallegre, trovano un bellissimo inatteso finale: un Ginkgo Biloba imponente, con le foglie a ventaglio che sembrano darti un gioiso saluto.
Adoro questo albero che è il più antico del Pianeta, dotato di straordinarie proprietà: previene e tratta numerose patologie associate all’invecchiamento, come apoplessie, cardiopatie, sordità, perdita della memoria. Stimola il microcircolo cerebrale ed è pertanto indicato in casi di cefalee e vertigini.
Raccolgo una delle sue graziose foglie che metterò nella mia pressa per i fiori a ricordo di questa istruttiva, terapeutica passeggiata.
La prossima volta so che troverò altre sorprese e, soprattutto riflessioni profonde sull’importanza dell’empatia con la natura, gli animali, il cielo. Se chiedi, lì trovi tutte le riposte del tuo cuore. Lì, trovi la cura.

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