“L’Iris: il profumo celestiale”

“Shu-Tu-Wu”, ovvero “venuto dal cielo”, questo è il nome attribuito all’iris in alcuni antichi testi sacri tibetani.
In questi stessi testi si racconta come l’iris sia comparso per la prima volta proprio in Tibet per essere successivamente diffuso nel resto del mondo dai mercati carovanieri.

La parte distillata è il rizoma che raggiunge la sua crescita ottimale dopo i tre anni di età. Per ottenere la qualità migliore, il rizoma viene lavato, decorticato e lasciato seccare per altri tre anni: solo durante l’invecchiamento si sviluppa un chetone, l’alfa irone, responsabile del delicato profumo dell’essenza di iris.
Prima della distillazione, i rizomi vengono polverizzati per ottenere la massima resa disponibile e distillati per altre venti ore, con una resa media non superiore allo 0,1%.
Il profumo dell’assoluta d’iris è molto concentrato e può facilmente deludere. Utilizzato in piccole quantità dà invece risultati straordinari. E’ dolce, delicato, simile alla violetta e conferisce alle fragranze fiorite e legnose una grande persistenza.
Il suo profumo “celestiale”ha un forte effetto sulla psiche: armonizza i sentimenti, sblocca le ferite del cuore e stimola le forze.

Gli antichi speziali usavano i rizomi dell’iris non solo per preparare delicati profumi dal sentore di violetta, ma anche per certe sue proprietà medicinali. L’iridina contenuta nella radice ha infatti effetto diuretico, espettorante, antiasmatico, purgativo. A tal proposito si preparavano infusi, cataplasmi, pomate. Il maggior impiego dell’iris plverizzata è stato quello per la profumeria, dove il principio odoroso viene estratto per distillazione (burro d’ireos). In cosmesi si producevano ciprie, saponi, dentifrici ecc.
Oggi, dato il costo proibitivo dell’essenza, questo raro prodotto è sempre meno utilizzato, sostituito, come sempre da sostituti di sintesi.
L’Iris è l’emblema di Firenze e oggi, come in passato viene coltivato su larga scala, anche tra i filari delle viti. La tradizione viene mantenuta per fedeltà al simbolo della città.
Una curiosità: pare sia il profumo di giaggiolo a regalare ai vini rossi del Chianti il particolare aroma di viola mammola.