Un fiore venuto dal cielo

“I lunghi pasti sotto la pergola, con qualche fiore e molta frutta sulla tavola coperta di una rozza tovaglia odorante di giaggiolo”.
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“Shu-Tu-Wu”, ovvero “venuto dal cielo”, questo è il nome attribuito all’Iris in alcuni antichi testi sacri conservati in un monastero del Tibet. Il popolo tibetano riconosce in questo fiore la rappresentazione simbolica della trinità che venera, ovvero Circolo, Peso e Volume.

In questi testi si racconta come l’iris sia comparso per la prima volta proprio in Tibet per essere successivamente diffuso nel resto del mondo dai mercanti carovanieri.
I popoli dell’antichità furono indubbiamente attratti dai colori vellutati e dalla delicatezza del giaggiolo, ma ciò che li attirò maggiormente fu la possibilità di utilizzarne le molteplici qualità, conosciute e sfruttate fin dai tempi più lontani.
I rizomi di iris si usavano per preparare un delicato profumo, ma se ne facevano anche infusi e tinture per uso interno per certe sue proprietà medicinali. L’iridina, il principio contenuto nella radice esplica infatti azione espettorante, diuretica e depurativa.
Affascinanti, le ricette lette nei vecchi libri di erboristeria, ad esempio “Nelle erbe la salute”in cui si spiega: “Ireos radice- Giaggiolo- iris florentina, proprietà: espettorante, diuretica, emetica, antiasmatica, purgativa.”
Infuso: 2 pizzichi di polvere per una tazzina di acqua bollente; berne due tazze al giorno per curare catarri delle vie respiratorie e bronchiti.”
Il maggior impiego dell’estratto della radice di iris rimane tuttavia quello per cui è famoso e venerato nell’industria profumiera. La distillazione di quest’essenza è un procedimento lungo e laborioso e, nel corso del tempo è stata frequentemente sostituita da altri estratti meno costosi. Nell’Ottocento conobbe comunque un periodo di grande popolarità, poichè venivano ottenuti cosmetici di pregio: ciprie, aceti da toilette, profumi, lozioni per il corpo. Rendeva la pelle più chiara, luminosa e liscia e il suo delicato profumo avvolgeva in una nuvola delicata e floreale.
Attualmente, nonostante la regione Toscana tenga alto il valore di questo fiore, che è anche il simbolo di Firenze (spesso chiamato Giglio fiorentino), l’utilizzo della radice di iris sta via via scomparendo. Il prezzo proibitivo è giustificato dal procedimento di estrazione che avviene in tempi diversi: i rizomi vengono lavati, sbucciati e lasciati essicare per tre anni poichè solo dopo questo tempo sviluppano un principio, l’alfa irone, che conferisce il particolare aroma di viola mammola.
Trascorso questo tempo, prima della distillazione, i rizomi vengono polverizzati al fine di ottenere la massima resa possibile e distillati per oltre venti ore. Da 100 Kg di rizomi in polvere si ottengono non più di 100 gr di essenza.
Questo spiega perchè l’estratto di iris non venga quasi più utilizzato, nonostante sia insostituibile sia dal punto di vista olfattivo sia qualitativo.
Una fragranza che contenga l’iris al suo interno ha una classe e una delicatezza ineguagliabili.
Perfetto nei profumi fioriti e legnosi ha inoltre una buona capacità fissativa, rendendo quindi il bouquet più duaraturo sulla pelle.
Ottime anche le proprieta aromaterapiche: l’effetto rasserenante, equilibrante e anti ansia è provato.
Poche gocce di essenza aggiunte alle creme abituali aiutano a rendere la pelle luminosa e vellutata.
Sicuramente si tratta di uno degli estratti aromatici più interessanti da scoprire, ma anche il più costoso in assoluto sul mercato, ed è anche per questo che è relativamente difficile da reperire puro e non adulterato.
Come osservarono gli antichi testi tibetani è veramente un fiore venuto dal cielo.

L’essenza di iris è contenuta nel profumo “Venere”.